Mi è ricapitato, vagando su youtube, di rivedere uno spezzone di un film con Nino d’ Angelo in una delle più epiche scene della sua carriera -di cui parlerò tra poco- e, riguardandolo attentamente ho trovato molte ed inquetanti somiglianze con un personaggio manga degli anni ’80, precisamente con il dottor Sawaru Ogekuri, primario della Ogenki Clinic con cui condivide l’acconciatura.
Mi rendo perfettamente conto che questo parallelismo non ha nessun significato se non avete letto il manga (e vi assicuro che ne vale la pena!) ma questa cosa era troppo sorprendente per evitare di parlarne.
Bene, tornando allo spezzone del succitato film, questa magistrale scena rappresenta tutta la veracità dei film all’italiana in cui recitava lo scugnizzo Nino. Storie strappalacrime mescolate alle canzonette made in Naples e alla dura vita di un ragazzo di periferia con un esubero di testosterone (sì, perchè se Nino ti puntava, non potevi fare altro che capitolare…). Questa scena in particolare vede presenti tutti i leit motiv dei suoi filmetti:
Nino che si esibisce e conquista tutto e tutti
la brava ragazza vestita da verginella che lo vorrebbe amare ma non ne è sicurissima perchè è combattuta tra l’amore per lui e l’illibatezza eterna
un nemico in agguato che solitamente l’è lumbard
Napoli in ogni sua declinazione
costumi raccapriccianti
scenografie low cost
In questa scena, che riassumo brevemente prima di farvi gustare il filmato, succede che Nino e la verginella stanno ballando in una discoteca (semideserta), lui si muove come se tentasse di ingravidarla a distanza e lei lo fissa come se si rendesse conto che c’è qualcosa che non va ma non ha ben chiaro cosa.
Arriva il lùmbard, alto 1,80, camicia sbottonata per sottolineare la possanza, che vuole rimorchiare la verginella e che tenta di svilire Nino dicendo, praticamente, che lui è più figo perchè è del nord e potrebbe offrire alla verginella una vita di agi e che lui invece, oltre ad essere un nanetto partenopeo senza arte nè parte, può solo sperare in un miracolo per conquistarla. E qui subentra, infatti, San Gennaro: Nino sente crescere dentro di lui il potere della tarantella e, mantenendo il contatto visivo con il vichingo, si mette a ballare coinvolgendo anche le quattro persone che affollano la pista. La verginella lo fissa famelica ed il lombardo si ritira sconfitto.
Inutile dirlo: Naples rules!
Da notare, prego, a metà del balletto il copiaincolla della musica e della coreografia e, verso la fine, il primo piano dei mocassini alla Michael Jackson re della pista.
Ho ritrovato in casa un cubo di Rubik. Fichissimo, probabilmente un’ eredità di quando ero piccola ed andava un sacco di moda. Sono sempre stata negata per il cubo, tanto che, quando mi saltavano i nervi e decidevo che DOVEVO risolverlo, staccavo gli adesivi colorati dalle varie facce e lo rimettevo a posto così.
Avevo già capito allora che il cubo di Rubik è malvagio, un’entità distruttiva mandata sulla terra per minare il buon cuore umano.
E’ una piaga dovuta al trapasso delle colonne d’Ercole, ne sono sicura; quando la nave ha passato lo stretto qualcuno lassù ha detto: “Ah sì? Vi credete tanto furbi eeeeeeeh?” E ha lanciato sulla terra un cubo di Rubik.
Grazie Ulisse.
Quando mi sono ritrovata in mano l’infernale coso, dicevo, ho sentito la forza scorrermi nel braccio e così, temerariamente, ho deciso di riprovare a risolverlo (stavolta risoluta a non staccare gli adesivini). Un quarto d’ora dopo ero già su internet a cercare le soluzioni che, ovviamente non mi sono state di nessun aiuto. In compenso ho trovato questi:
che hanno contribuito ampiamente a smontare tutta la mia boria infantile di staccatore di adesivi ed hanno dato una mazzata finale al mio ego di adulto.
Il mio commento a questi videi si può riassemere così:
Mi consola il fatto che siano tutti orientali (presumibilmente cinesi), vuol dire che, geneticamente, non ho colpa. A parte questo sto cominciando a pensare che quei bambini sono così veloci perchè gli hanno promesso che potevano mangiare, appena finito il cubo.