La mia aestas horribilis é stata resa sopprtabile dalla lettura di questo romanzetto americano ambientato in Inghilterra che, per puro caso, ho incontrato sullo scaffale di una libreria francese.
Lettura godibile che suscita l’incanto che solo un romanzo epistolare può evocare: tutto il fascino dei personaggi é da imputarsi alle loro parole ed a come vengono usate nelle lettere che, fitte, si rincorrono sulle pagine; nessuna descrizione fisica é riportata, se non per comunicare al lettore chi é sciancato, gobbo, appestato o segnato da Dio. Le pagine tralasciano volentieri le pommettes rosées (d’une beauté malicieuse) delle belle signore dell’aristocrazia inglese. Siamo nel 1946, appena dopo la seconda guerra mondiale, quindi pare normale che il numero degli “infermicci” sia pari o superiore a quello della gente “normale”, che i tedeschi siano biondi e cattivissimi, le donne stizzose e gli uomini beoni con i pantaloni. Grazie al cielo non si risolve tutto qui, la delicatezza del racconto e la giustezza delle intenzioni cullano il lettore verso una conclusione degna della migliore Jane Austen. Non si può gridare al capolavoro ma di certo si può puntare il dito su uno dei più grandi successi commerciali degli ultimi anni.
Sull’isola di Guernesay (che non ho ancora capito bene come si pronuncia, da qui il titolo del post) ritroviamo una comunità tenuta letteralmente in vita dalla lettura; potrei citarvi Pushkin (che ognuno scrive come vuole dato che qui nessuno ha intenzione di bullarsi con il cirillico) ma sarebbe troppo pretenzioso per il libro di narrativa di tal fatta. La società letteraria di Guernesay (brutto titolo italiano edito da Sonzogno) rimane comunque un volumetto molto piacevole che vi consiglio caldamente di accogliere nelle vostre biblioteche.
In più, come da buona tradizione capitalista, ne è stato tratto un film distribuito da Netflix ( potete trovare il trailer linkato qui: https://www.youtube.com/watch?v=fRloeR1R8VQ) che vede tra i protagonisti la metà dei belloni di Downton Abbey ma che, dal mio modesto punto di vista, non sono abbastanza malridotti e scoloriti per suscitare la giusta quantità di serafica empatia che solo i campagnoli veraci e post-bellici sanno dare. Ma si sa, l’occhio vuole la sua parte e quello di Netflix non é da meno.
Buona lettura, miei piccoli millebollettori!