Stalin on ice

Qui come in tutto il resto d’Europa, temo, si sta ancora pensando all’anniversario della gloriosa Rivoluzione d’Ottobre dove gli altrettanto gloriosi bolscevichi (большевики) hanno stabilito quella che per gli anni a venire é stata celebrata come un modello di democrazia comunista. Almeno da dove vengo io.
Ed ecco tutto un fiorire di tours del “Coro dell’armata Russa”, del “circo di Mosca” del “circo sul ghiaccio di Mosca” riviste contenenti speciali su quanto é stato difficile uccidere Rasputin (molto, vi prevengo), chi era il capo dei russi bianchi e quello dei russi rossi. Cosa faceva il piccolo Lenin mentre il fratello veniva giustiziato (compito in classe di geometria) e quanto se l’é legata al dito.
Articoli sulla prima Duma.
Sulla seconda traballante Duma.
Sulla tassa da pagare per la barba.
Chi faceva sesso con chi.
Come sono stati uccisi i Romanoff (lo scrivo alla francese) – dettagli imprescindibili per farsi un’esauriente e corretta idea sui vincitori che poi hanno mandato tutti gli schiavi liberati a scavare gloriosi (quanto inutili) fossi, solo per tenerli imegnati. L’esubero del personale non é un concetto moderno, come vedete.

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Ветер принес издалёка

Песни весенней намек,

Где-то светло и глубоко

Неба открылся клочок.

В этой бездонной лазури,

В сумерках близкой весны

Плакaли зимние бури,

Реяли звездные сны.

Робко, темно и глубоко

Плакали сруны мои.

Ветер принес издалёка

Звучные песни твои.

Renato Poggioli traduce Alexandre Blok

Il vento portò da lontano

L’accenno d’un canto primaverile,

Chissà dove, lucido e profondo,

Si aprì un pezzetto di cielo.

In questo azzurro smisurato,

Fra i barlumi della vicina primavera

Piangevano burrasche invernali,

Si libravano sogni stellati.

Timide, cupe e profonde

Piangevano le mie corde.

Il vento portò da lontano

Le tue squillanti canzoni.

Avant les vacances

Prima di andare ufficialmente in vacanza (fino alla fine di settembre, credo) ho pensato di scrivere qualcosa a proposito di alcune cose accadute recentemente, domande a cui non ho mai risposto e cose così; lo faccio in rigoroso ordine sparso perché fa caldo e non posso fare piani perfetti finché la mia temperatura corporea non ritornerà in un ambiente che si aggira attorno ai 22 gradi.

Accadeva anche ai golem raccontati da Therry Pratchett ma per loro i gradi erano molti, ma molti meno. E risolvevano equazioni complicatissime e… vabbè, lasciamo perdere.

First thing first, faccio un mea culpa ecumenico: non so più parlare italiano. La mia sintassi ha cominciato a zoppicare senza peraltro migliorare il mio francese. Con l’inglese ça va encore ma corro il rischio di diventare una triste pseudo bilingue che, accoccolata al bordo di marciapiedi troppo caldi d’estate e troppo freddi d’inverno, elemosina sorrisi e congiuntivi. Such a sad end.

Deuxième chose, sì : scrivo ancora ma non credo di pubblicare più niente. Anche perchè non è il mio mestiere, non lo potrei mai fare con la serietà e la costanza che l’arte richiede. Quindi accontentatevi del blog. Siete carini, comunque.

In più le cose fuori stampa, son desolata, ma restano fuori stampa. Forse potrete reperire qualche volume in una piccola biblioteca di provincia oppure sotto la gamba di un tavolino da belletto non più claudicante.

Continuo a vivere in Francia. Sicuramente per questo anno (scolastico) ancora, poi si vedrà. Certo, ci sono stati attacchi terroristici e violenze, ma credo si sia al sicuro nulle part dunque dato che sono in ballo, ballo.

Non ho nostalgia della pasta, solo della pizza nelle notti di luna piena e degli amici quasi sempre (dico ‘quasi’ per tirarmela, ovvio). Per fortuna ci sono i social media, skype e what’s app a coprire i chilometri, anche se la voglia di un abbraccio non copre la distanza altrettanto facilmente.

Ormai mi sono piegata al caffè solubile francese, non al café operculé perchè il nome mi sembra indecente e si sa, io sono una signora.

Beh, credo sia tutto.

Vi auguro buone vacanze, sperando possiate gagliardamente scalare montagne o rotolarvi sulla spiaggia, ci rivediamo tra un po’, bacini !

shawn the sheep

Caulfield alle celebrazioni della Prima Guerra Mondiale – Caulfield at WWI celebrations

[english version down below]

Oggi si celebra l’armistizio della prima Guerra mondiale, qui. Da noi come festa l’hanno tolta per lasciare più spazio a qualche celebrazione cattolica. Scelta interessante, non trovate?

Si celebra l’ Armistizio, non la Pace. Chiarisco.

Tecnicamente la 1 Guerra Mondiale non è mai finita, anche se non ha impedito alla Seconda di scoppiare.

Sono andata al parco, stamattina, a portare a spasso il cane ed a leggere; quasi come ogni giorno. Solo che mi ero dimenticata che davanti c’è una placca commemorativa per i caduti alla WWi, quindi ho trovato, assiepati tutt’intorno, militari di ogni sorta, gente venuta apposta, la banda militare.

Sono entrata nel parco e sono andata a sedermi nell’anfiteatro, che è tutto incorniciato da una alta siepe e nel quale ho potuto mollare il cane senza pericolo che andasse in giro a rompere le scatole. Ogni tanto passavano gruppetti delle armate di terra, tutti ben allineati e puliti, che si davano il ritmo nella marcia a suon di “ho!”.

Sono sempre stata affascinata dalle uniformi dei militari, specialmente dai guanti bianchissimi. Quei guanti lì imbracciano le mitragliette anche adesso, durante le celebrazioni per l’armistizio, strette al petto, la punta verso l’alto. Personalmente ho una paura fottuta delle armi da fuoco, mi fa paura anche quando qualcuno mette le dita a L e fa bang! con la bocca. Io chiudo sempre gli occhi, proprio non lo sopporto.

Le uniformi invece mi affascinano per un altro motivo: sono così perfette, immacolate e con i bottoni lucidi, le scarpe brillanti ed il cappello calato alla giusta angolazione. Mi viene sempre da chiedermi quanto durerebbero in guerra quelle belle divise. Quanto tempo ci mettono a riempirsi della tua stessa merda, dopo che ti hanno sparato.

Secondo me lo stesso tempo dei vestiti normali.

Mi piace osservare il rigore. E’ così inutile. Non ci vuole niente per mandarlo in frantumi, basta una macchia, uno starnuto. E’ talmente ridicolo da fare paura per la sua feroce ottusità.

La fanfara ha cominciato a suonare una marcetta. Io seduta sul mio pilastrino di cemento, penso che Salinger non sarebbe stato contento di essere letto lì, con tutti quei militari intorno. A Caulfield invece non gliene sarebbe fregato, quindi ho contianuato nel mio proposito e sono rimasta lì per tre o quattro capitoli, mentre alle mie spalle i tamburi continuavano a rullare sottolineando le note delle canzoni militari.

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Today is celebrating  World War I armistice, here. In Italy this celebration was taken to leave more room for some Catholic stuff. Interesting choice, isn’t it?

It’s the ‘Armistice, not Peace, let me clarify.

Technically the first World War never ended, although has not prevented to the second to explode.

I went to the park this morning, to walk the dog and reading, as almost every day. I just forgotten that at the very side of the parc there is a commemorative plaque for WWI’s fallen soldiers, so I found crowding all around, all kinds of military, people came to wach the army and the army’s band.

I walk into the park slaloming. Each time some soldiers passed in small groups, all so aligned and clean, marching together to the sound of “oh!”.

I’ve always been fascinated by uniforms, especially white gloves. Those gloves there toting machine guns even now, during armistice celebrations, close to chest, the very tip upwards. Personally I’m fucking afraid of firearms, it scares me even when someone puts his fingers in L form and bang! with mouth. I always close my eyes, just cannot stand.

Uniforms instead fascinate me for another reason: they are so perfect, immaculate and with shiny buttons, clean shoes and hat placed down to the correct angle. I always ask to myself how long would last those beautiful uniforms in a real war. How long it takes to fill it up with your own shit, after you’re shot.

In my opinion it takes the same time than regular clothes.

I love to watch perfection. It’s so useless. It doesn’t take much to ruin itself, just a smudge or a sneeze. It ‘so ridiculous for his ferocious stupidity.

The military band began to play a march. I sat on a pillar and I start to think that Salinger would not be pleased to be read there, with all those soldiers around. Caulfield would not care at all, instead, so I keep reading for three or four chapters more, while behind me the drums continued to underline the moment with military songs.