Dalla terra alla Luna, anche se Jules Verne mi ha rubato il titolo.

Un viaggio comporta sempre cambiamento.

Il mio non fa eccezione.

Quando ho raccontato che ero intenzionata a partire per la Francia, una delle risposte più comuni é stata: “conoscerai un sacco di gente interessante”.

E’ vero. Il viaggio, la semplice idea di partire, ti mette in uno stato mentale recettivo, più vigile, più attento a tutto ciò che ti circonda.

Viaggiare comincia con lo stato mentale. Ci vuole coraggio.

Non tanto per partire, come potrebbe prematuramente concludere qualcuno, quanto per mettersi in discussione.

Le voyage dans la Lune, G. Méliès

Le voyage dans la Lune, G. Méliès

Per me é evidente che chiunque decida di partire sta lasciando dietro di se qualcosa, o qualcuno.

Non abbandona, intendiamoci, ma lascia la presa. Si dice: “per adesso non posso continuare così, non posso…  devo lasciare andare qualcosa. Sospendere questa vita. Cambiare punto di vista.

Perché é questo il più grande regalo che ti fa un viaggio, per piccolo o grande che sia, ti offre l’opportunità di cambiare punto di vista sulle cose che conosci da sempre.

Ma ci vuole coraggio per lasciare che questo accada.

È come immagino sia osservare la terra dalla luna: dentro di te cambia qualcosa, fai un salto percettivo che non ti permetterà mai più di ritornare com’eri prima.

Ecco, questa é la definizione di viaggio, per me.

L’altra faccia di questa attraente e spaventosa medaglia é quello che definirei la babbionatura. Sotto questa definizione ci iscrivo tutti quelli che partono e che decidono (a priori) che il paese nel quale sono arrivati é il meglio del meglio, con la conseguente ammissione che l’Italia fa schifo, é retrograda E si mangia anche male.

Ho conosciuto molti esempi di babbioni, uno tra i tanti esempi che mi vengono in mente é quello di un universitario in Erasmus in Spagna (questi ho poi scoperto essere la razza peggiore), che dopo qualche settimana di tortillas aveva acquisito uno spiccatissimo accento madrileno -che ostentava ad ogni conversazione al baretto sotto casa, dopo essere ritornato- e che si lamentava che il sole italiano non fosse caldo come quello iberico.

Ecco. Pensate a quanto sia facile, per me, pensare alla superficialità di questo tipo di viaggiatore.

Non metto in dubbio che il sole sia più caldo e l’accento più charmantclin d’oeil-, dibito però che si possa amare entusiasticamente un paese e quindi una cultura, una città, senza darsi la pena di approfondire seriamente il discorso.

Oppure, più stolidamente, denigrare il proprio paese natale.

Io non mi sento italiana, ma per fortuna o purtroppo la sono, come diceva Gaber.

Se c’è qualcosa che un viaggiatore non deve mai dimenticare é il posto da dove viene.

Quantomeno, per sapere dove vuole arrivare.

da fotocommunity

da fotocommunity

Se vi va di approfondire l’idea di viaggio, ecco qui un paio di suggerimenti:

Un blog che raccoglie fotografie, idee e suggestioni di viaggio: Viaggiatori ignoranti, il blog di cui Anna Bernasconi é una delle preziose collaboratrici, andate a visitare anche il suo super artistico blog!

Pas…siamo oltre

Prendo in prestito l’etimologia della parola Pasqua per cominciare questo post: liberazione.

Il 2014 é stato un anno difficile e lungo, troppo lungo. Questo 2015 é cominciato con il piede giusto e in questo preciso momento, sotto Pasqua appunto, mi sento di dire che finalmente mi sono liberata del peso, della fatica, del dolore di questo anno passato.cuore-in-mano

Non dimentico, faccio tesoro.

Non rimpiango e non compiango.

Semplicemente, ringrazio.

Ringrazio tutte le persone che sono nella mia vita da molti anni, quelle che ci sono entrate adesso e quelle che ci sono ritornate. Voglio dire grazie con tutto il cuore, perchè se è vero che mi piace stare da sola, posso farlo perchè in fondo all’anima non lo sono mai.

Come dice una saggia “rossa” di mia conoscenza:

Le persone che ami sono come le stelle, puoi non vederle ma brillano sempre al tuo fianco.

Ecco, tutto qui.

Voglio ringraziarvi. Per le parole, per gli abbracci, per i sospiri, per i pàlpiti.

Vi ringrazio per le chiacchiere e per i lunghi silenzi. Grazie per le mangiate e le bevute, grazie per le sciocchezze, grazie per i consigli inopportuni, per il sostegno, per dire sempre la cosa giusta, per avermi permesso di entrare nella vostra vita e restarci.

Vi auguro di restare sempre così: puri e duri.

E.

2 Febbraio, la Candelora… e via che si festeggia!

Io credo di aver sentito parlare della Candelora una volta, a messa nei lontanissimi anni ’80, poi più niente, fino ad oggi.

La Candelora è un’antica festività prima pagana poi cristiana. Coincide, nel ciclo agreste, con la fine dell’inverno e l’arrivo della primavera. In Francia si festeggia con sidro e crêpes…

Oggi, in tutta la Francia si festeggia la Chandeleur, ovvero la festa delle  candele. Prima di scrivere questo post mi sono brevemente documentata e, anche se non si può dire che la mia ricerca sia approfondita, mi sento di poter spiegare brevemente di cosa si tratta.

Quando vien la Candelora
de l’inverno semo fora;
ma se piove o tira il vento
de l’inverno semo dentro

candeloraLa Candelora é stata una festa pagana, poi cristiana (come la maggior parte delle festività del calendario) e oggi come tocca a tutte le feste tradizionali, é ricordata e celebrata attraverso il cibo. Per me é stato interessante scoprire come, nella laicissima Francia, si tenga ancora così tanto alle festività di natura religiosa; é da giorni che per radio non si sente parlare d’altro, i supermercati fanno promozioni, le tv pubblicità.

Crêpes, crêpes e sidro dappertutto.

Non che mi lamenti, sia chiaro. Quando si tratta di mangiare sono una fan di tutte le festività, pagane e non. E’ che per me é davvero incomprensibile coniugare la laicità e la celebrazione -perchè alla fine, di questo si tratta- di una festa rligiosa. Da noi non si fa, al di fuori del sagrato.

Potrete ribattermi che é come il Natale, come il Carnevale. Certo, sicuramente avete ragione. E’ solo che sono stupita, ecco tutto.

Spenderei, adesso, due parole a proposito delle crêpes. La prima cosa da sapere (vi anticipo che qui il concetto di crêpes é preso molto, molto sul serio) è che con il termine crêpes si intendono esclusivamente quelle dolci.

Chandeleur_01Normalmente mangiate a fine pasto, sono fatte a partire della farina di grano tenero, uova e latte, e farcite con deliziose creme, gelato, frutta fresca, marmellate panna montata e salse dolci.

Qui a Bourges é stata fondata, ed ancora prospera, l’azienda Monin, la quale produce ottimi sciroppi di frutta (alla base di cocktail e nel mio amatissimo Kir) e salse dolci e salate -che da noi si chiamano volgarmente topping-. Il fascino e la portata di questa azienda contribuisce enormemente nell’apprezzare la Candelora, ve lo assicuro!

Tornando alle crêpes, per definire quelle salate (che da noi si chiamano crêpes salate, appunto) si usa il termine galette che, in sostanza viene utilizzato per indicare ogni cibo di basso spessore, rotondo e a sfoglia.

Le galettes sono fatte a partire dal grano saraceno ed hanno un condimento salato a base di formaggi, uova, affettati, carne, pesce, verdure. Deliziose!

Sia le crêpes che le galettes di mangiano accompagnate dal sidro (le cidre) un vino di mele fermentato che, tipicamente, si beve in una grolla (bolée); il sidro può essere fatto fermentare naturalmente o pastorizzato, il processo di invecchiamento, come potete immaginare, ne cambia molto il sapore e l’intensità.

Cidre-1Originarie della Bretagna, queste piatanze oggi sono alla base della dieta francese, nutrienti e poco costose, sono spesso una soluzione per la pausa pranzo.

Questo dolce é stato scelto come simbolo della festa delle candele a causa della forma e del colore che ricorda, appunto, la luce che emanano e diffondono i ceri. La tradizione della Candelora vuole che, mentre si fa cuocere la propria crêpes la si faccia saltare in padella tenendo nella mano una monetina come buon auspicio.

E voi, che ne dite di mangiarvi una crêpe, stasera?!