Potrei mettere un bel cappello a questo post, aggiungervi piume e perline per giustificare queste magnifiche pagine che un altro autore ha così abilmente scritto per me secoli fa. E’ molto semplice: ciò che pensiamo oggi, siamo nel 2016 per la maggior parte, è già stato; nulla di più arguto potrei aggiungere io. Niente se non che la convinzione granitica di quello che siamo non ci risparmia dal sempiterno cambiamento.
Il Bruco e Alice si guardarono a vicenda per qualche tempo in silenzio; finalmente il Bruco staccò la pipa di bocca, e le parlò con voce languida e sonnacchiosa: Chi sei? — disse il Bruco. Non era un bel principio di conversazione. Alice rispose con qualche timidezza: — Davvero non te lo saprei dire ora. So dirti chi fossi, quando mi son levata questa mattina, ma d’allora credo di essere stata cambiata parecchie volte. — Che cosa mi vai contando? — disse austeramente il Bruco. — Spiegati meglio. — Temo di non potermi spiegare, — disse Alice, — perchè non sono più quella di prima, come vedi. — Io non vedo nulla, — rispose il Bruco. — Temo di non potermi spiegare più chiaramente, — soggiunse Alice in maniera assai gentile, — perchè dopo esser stata cambiata di statura tante volte in un giorno, non capisco più nulla. — Non è vero! — disse il Bruco. — Bene, non l’hai sperimentato ancora, — disse Alice, — ma quando ti trasformerai in crisalide, come ti accadrà un giorno, e poi diventerai farfalla, certo ti sembrerà un po’strano, — non è vero? — Niente affatto, — rispose il Bruco. — Bene, tu la pensi diversamente, — replicò Alice; — ma a me parrebbe molto strano. — A te! — disse il Bruco con disprezzo. — Chi sei tu? E questo li ricondusse di nuovo al principio della conversazione. Alice si sentiva un po’ irritata dalle brusche osservazioni del Bruco e se ne stette sulle sue, dicendo con gravità: — Perchè non cominci tu a dirmi chi sei? — Perchè? — disse il Bruco. Era un’altra domanda imbarazzante. Alice non seppe trovare una buona ragione. Il Bruco pareva di cattivo umore e perciò ella fece per andarsene. — Vieni qui! — la richiamò il Bruco. — Ho qualche cosa d’importante da dirti. La chiamata prometteva qualche cosa: Alice si fece innanzi. — Non arrabbiarti! — disse il Bruco. — E questo è tutto? — rispose Alice, facendo uno sforzo per frenarsi. — No, — disse il Bruco. Alice pensò che poteva aspettare, perchè non aveva niente di meglio da fare, e perchè forse il Bruco avrebbe potuto dirle qualche cosa d’importante. Per qualche istante il Bruco fumò in silenzio, finalmente sciolse le braccia, si tolse la pipa di bocca e disse:
— E così, tu credi di essere cambiata? — Ho paura di sì, signore, — rispose Alice. — Non posso ricordarmi le cose bene come una volta, e non rimango della stessa statura neppure per lo spazio di dieci minuti! — Che cosa non ricordi? — disse il Bruco. — Ecco, ho tentato di dire “La vispa Teresa” e l’ho detta tutta diversa! — soggiunse melanconicamente Alice. — Ripetimi “Sei vecchio, caro babbo”, — disse il Bruco. Alice incrociò le mani sul petto, e cominciò:
“Sei vecchio, caro babbo” — gli disse il ragazzino —
“sulla tua chioma splende — quasi un candore alpino;
eppur costantemente — cammini sulla testa:
ti sembra per un vecchio — buona maniera questa?”
“Quand’ero bambinello” — rispose il vecchio allora —
“temevo di mandare — il cerebro in malora;
ma adesso persuaso — di non averne affatto,
a testa in giù cammino — più agile d’un gatto.”
“Sei vecchio, caro babbo” — gli disse il ragazzino —
e sei capace e vasto — più assai d’un grosso tino:
e pur sfondato hai l’uscio — con una capriola;
“dimmi di quali acrobati — andasti, babbo, a scuola?”“Quand’ero bambinello.” — rispose il padre saggio,
per rafforzar le membra, — io mi facea il massaggio
sempre con quest’unguento. — Un franco alla boccetta.
“chi comperarlo vuole, — fa bene se s’affretta”“Sei vecchio, caro babbo,” — gli disse il ragazzino, —
“e tu non puoi mangiare — che pappa nel brodino;
pure hai mangiato un’oca — col becco e tutte l’ossa
Ma dimmi, ove la pigli, — o babbo, tanta possa?”
“Un dì apprendevo legge.” — il padre allor gli disse, —
“ed ebbi con mia moglie continue liti e risse,
e tanta forza impressi — alle ganasce allora,
tanta energia, che, vedi, — mi servon bene ancora.”
“Sei vecchio. caro babbo,” — gli disse il ragazzino
“e certo come un tempo — non hai più l’occhio fino:
pur reggi in equilibrio — un pesciolin sul naso:
or come così desto — ti mostri in questo caso?”
“A tutte le domande — io t’ho risposto già,
“e finalmente basta!” — risposegli il papà:
“se tutto il giorno poi — mi vuoi così seccare.
ti faccio con un calcio — le scale ruzzolare”— Non l’hai detta fedelmente, — disse il Bruco. — Temo di no, — rispose timidamente Alice, — certo alcune parole sono diverse. — L’hai detta male, dalla prima parola all’ultima, — disse il Bruco con accento risoluto. Vi fu un silenzio per qualche minuto. Il Bruco fu il primo a parlare: — Di che statura vuoi essere? — domandò. — Oh, non vado tanto pel sottile in fatto di statura, — rispose in fretta Alice; — soltanto non è piacevole mutar così spesso, sai. — Io non ne so nulla, — disse il Bruco. Alice non disse sillaba: non era stata mai tante volte contraddetta, e non ne poteva proprio più. — Sei contenta ora? — domandò il Bruco. — Veramente vorrei essere un pochino più grandetta, se non ti dispiacesse, — rispose Alice, — una statura di otto centimetri è troppo meschina! — Otto centimetri fanno una magnifica statura! — disse il Bruco collerico, rizzandosi come uno stelo, mentre parlava (egli era alto esattamente otto centimetri). — Ma io non ci sono abituata! — si scusò Alice in tono lamentoso. E poi pensò fra sè: “Questa bestiolina s’offende per nulla!” — Col tempo ti ci abituerai, — disse il Bruco, e rimettendosi la pipa in bocca ricominciò a fumare. Questa volta Alice aspettò pazientemente che egli ricominciasse a parlare. Dopo due o tre minuti, il Bruco si tolse la pipa di bocca, sbadigliò due o tre volte, e si scosse tutto. Poi discese dal fungo, e se ne andò strisciando nell’erba […]