Primo bacio

– Lo sai che tra cinquecento anni gli esseri umani non avranno più le dita dei piedi?

Silenzio. Lui mi guarda e fa scivolare le mani sulle mie spalle staccandosi un po’.

– Ti sembra la cosa gusta da dire mentre sto per baciarti?

-Ah, beh. No. Non so. È che mi sembrava ci stessi mettendo troppo, così ho pensato di riempire l’attesa con una di quelle informazioni che possiamo inserire in qualsiasi conversazione.

– Ma questa non era una conversazione. Era un momento magico.

– Ok, scusa. Pensavo potesse interessarti, magari se giochi a Trivial Pursuit una volta…

Mi guarda. La luce del lampione poco distante arriva fioca ad accarezzarci le guance. Lui è molto più alto di me, devo mettere il naso all’insù per guardarlo. Serata buia e senza stelle, aria umida come al solito. Nessun rumore.

Abbiamo trascorso una bella serata, primo appuntamento dopo una specie di corteggiamento pubblico e privato (sono convinta che sia corteggiamento perché alla fine siamo usciti insieme, ancora oggi devo essere sincera ed ammettere che non capisco bene come funzioni la cosa). Sotto il portone di casa, nel silenzio che solo una notte infrasettimanale può regalare, ecco la notizia riguardante le dita dei piedi che squarcia il velo di pudica attesa.

– Comunque puoi provare a ribaciarmi, eh.

Mi fissa come se volesse dire qualcosa che però gli resta incastrato in gola. Sospiro, mio. Silenzio, suo.

– Adesso non esagerare, non è mica successo niente. Non puoi negare che sia un’informazione interessante.

Comincio a pensare che sia meglio che stia zitta.

Sto zitta.

Niente.

Provo a pensare che dovrei contare le pecore, no, quelle si contano per dormire. Cosa si conta mentre si sta aspettando un bacio?

E poi se per una cosa così non mi vuole baciare, scemo lui. Io non so cosa farci. È lui che ci perde. Quanti secondi saranno passati? Già quindici o forse venti. Sì, però, dai. Cheppalle. Se anche la smetti di fissarmi come se fossi una cosa tutta dolcina, ecco, grazie. Fissami come se fossi una gran gnocca. Tipo da catalogo. Ce la fai?

No, non ce la fa. Ha gli occhi lucidi di chi immagina cose coccolose, un futuro roseo, dei bambini. Ecco, i bambini no. Gliel’ho detto?  Mi sa di no, era il primo appuntamento, forse poteva parere esagetato parlare di figli così, come dal niente, però se mi continui a fissare io sono autorizzata ad immaginare quello che voglio, ti avviso. Lo avviso in silenzio perché non sembra aver colto la gentilezza che gli ho fatto offrendogli l’aneddoto sugli umani del 2530.

Bon, allora che si fa? Restiamo qui ancora molto? Perché io comincio ad aver freddo ai piedi e se mi cadono le dita sarà per l’ipotermia.

– Quindi? – Esclamo un po’ piccata a causa delle recenti scoperte (il fatto che voglia avere dei bambini da me e che non apprezzi la cultura generale).

– Quindi cosa? Cercavo di ricreare l’atmosfera.

Lo guardo altri cinque secondi in silenzio per dargli l’idea che anche io sto cercando di ricreare l’atmosfera. Non mi sembra di riuscirci benissimo.

– Beh, allora io vado, domani lavoro e devo alzarmi presto, sai…

Si riscuote arricciando il labbro superiore. Carino. Abbastanza efficace.

– Ah ah allora buonanotte.

– ‘Notte, gli rispondo entrando nel portone.

 

Alla ricerca dei Padri perduti

Oggi ho letto un articolo che mi ha fatto molto arrabbiare.

E’ stato pubblicato dal giornale Huffington post (Italia) e tratta  della figura paterna.

Copio-incollo qualche estratto per darvi un’idea, se volete leggre tutto l’articolo cliccate qui!

Mammi per necessità, mammi per convinzione o indole, mammi perché è più facile fare la mamma che il papà, ma soprattutto mammi per moda! Ormai sono tanti, sono trasversali e sono senza pudore: si vantano di aver cambiato pannolini, di aver assistito al parto, portano i figli a scuola, al parco, li accompagnano in piscina e a fare sport, giocano con loro, li cullano, li addormentano, controllano i compiti o li aiutano a farli. Sono onnipresenti, premurosi, attenti, compiaciuti dei loro figli proprio come le mamme. Ma nell’esibizione del loro amore per la loro prole c’è qualcosa di forzato, dettato dalla moda, da una tendenza contagiosa…

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Ecco, se vi siete dati il tempo di leggere queste poche righe avrete certamente un’opinione in merito: Carla Falconi, l’autrice di questo articolo, descrive in modo dispregiativo e superficiale la figura del padre moderno – perché di questo si tratta, di padri- che, secondo lei esautorano la figura materna ricalcandola grottescamente.

Oltre a non condividere assolutamente la sua idea e visione, mi sono stupita di come una donna, nel XXI secolo, riesca ad avere un’idea così limitata e stereotipata della famiglia. Come se ci fosse quelcosa di male nel cambiare i pannolini (e vantarsene, poi!) L’essere premurosi e presenti non credo possa essere visto o interpretato come qualcosa di negativo in nessuna circostanza.

Ma lei, non paga, continua:

Eppure era così bello quando gli uomini non ne sapevano quasi niente di contrazioni, monitoraggi, tecniche di respirazione, e restavano fuori, ad aspettare nel corridoio, ansiosi, nervosi e preoccupati. E poi magari ti portavano un mazzo di fiori.

La nostra società è ormai una società senza padri…

Ecco, tutto qui. La Falconi riduce tutto ad una questione di ruoli, statici e primordiali. Come se la virilità si dimostrasse attraverso il distacco e l’ignoranza per tutto ciò che riguarda la natura della vita… scusate tanto ma io accanto a me voglio un uomo, non un maschio.

Non sono d’accordo con quanto ha scritto: prima di tutto perché credo che avere un figlio sia una decisione ed una responsabilità di coppia, prima durante e dopo. Secondo perché trovo sia una ricchezza condividere la cura di un figlio, anche semplicemente cambiando un pannolino o aiutarlo per i compiti.

Se c’é qualche donna che condivide e supporta il pensiero della Falconi mi dispiaccio molto per lei. Questa visione retrograda  e superficiale rivela solo una grande inadeguatezza verso la vita, dal mio punto di vista.La staticità dei ruoli fine a se stessa non deve esistere, attraverso questo schema di pensiero non si potrà mai evolvere e, conseguentemente, migliorare.

Sostenere che i “mammi” non sono padri perché partecipano attivamente alla crescita dei figli é comecontinuare a  pulirsi il sedere con il giornale piuttosto che con la carta igienica perché é troppo morbida.

Un post (quasi) inutile intitolato: I soldi possono comprare (quasi) tutto

Scorrazzando tra le pagine on line di quotidiani seri, mi sono capitate sott’occhio delle immagini di Demi Moore ricoverata in stato confusionale per aver assunto chissà che droga.

Non me ne potrebbe fregare di meno.

Mi è venuta in mente però una cosa: quella Demi (per me tutt’altro che bella) ha sposato in prime nozze quel gran pezzo di Marmo che è Bruce “filmdazione” Willis, con cui ha avuto uno o più figli.

Questi figli, che come tutti potevano prevedere, sono invitati ai parties più glamourosi di Hollywood hanno tutti qualcosa in comune: un aspetto rivoltante. Perchè, oltre ad essere (come si dice dalle parti di Andre) “infisicati” hanno delle facce disarmoniche, sembrano dei vecchi a vent’anni. C’hanno dei mascelloni che fanno invidia a Ridge Forrester.

Ne vogliam parlare o sprofondiamo in un assordante silenzio assenso?

Ormai al tramonto dei miei trent’anni sono giunta alla conclusione che l’occhio umano si abitui a qualsiasi aberrazione (e questo non vale soltanto per i figli della Moore e Willis).

Se troviamo un’immagine riproposta mille volte in contesti diversi cominciamo ad abituarci e la prendiamo per buona. Anzi cominciamo a pensare che sia gradevole.

Infatti queste qua hanno schiere di funz. Eeeeeh Beeeeeh! Buongustai!