Le intervistine di 1000 bolle blog presentano: Rania

Per il ciclo di intervistine inaugurato un paio di mesetti fa, ecco un’altra perla per la nostra collana di informazione e di vita reale… Rania! Via auguriamo una buona lettura e speriamo che la curiosità prenda il sopravvento facendovi porre un mucchio di domande, dato che anche con questa intervista si aprono una miriade di opportunità di crescita culturale ed umana.

Racconta qualcosa di te… una breve introduzione, insomma.

Mi chiamo Rania, sono nata in Egitto, ad Alessandria. Sono venuta a Reggio Emilia quando avevo 5 anni. Mi sono laureata in lingue e letterature straniere, in particolare in lingua araba perché non la conoscevo nonostante fosse una lingua che parlavo e che tuttora parlo fluentemente;  le differenze tra arabo classico e i vari dialetti parlati nei paesi sono  davvero molto ampie; la cosa buffa, però, era che ad insegnarmelo  era una professoressa italiana che aveva vissuto parte della sua vita in paesi arabi: praticamente il mio contrario.  Non ricordo molto della mia infanzia in Egitto e dei miei primi anni qui in Italia: pochissime cose un po’ confuse, ricordi raccontatemi dai miei genitori.

Cosa ti piace dell’Italia che in Egitto non trovi?

Un tempo dell’Italia mi piaceva l’ordine: quello che vedevi per le strade, l’ordine delle persone e un certo ordine tra le faccende burocratiche…in Egitto tutto questo non c’era: le strade erano piene di mondezza e non parliamo poi della burocrazia…

Oggi le cose sono cambiate e dell’Italia non vedo più le stesse cose che vedevo  da bambina: il clima nazionale e l’aria che si respira tra la gente è diventata davvero insopportabile. In Egitto invece le cose stanno migliorando e migliorano per fortuna molto rapidamente!

Cosa ti piace dell’Egitto che in Italia non trovi?

In Egitto le persone sorridono e lo fanno anche se non ti conoscono. Sono rimasti tanti valori quali il rispetto per chi è più grande e per i genitori. E’ bellissimo poi sentire parlare e discutere le persone senza che nessuno di loro dica mai una parolaccia o una volgarità. In Egitto penso che le persone sappiano cavarsela con quello che hanno, certo cercano sempre il meglio, ma hanno un forte spirito di adattamento. Noto anche una cosa molto bella tra i giovani, in particolare le ragazze: quando c’è un problema si va seriamente alla ricerca della soluzione, tutte insieme come si fosse una vera famiglia; in Italia i giovani pensano troppo spesso e per troppo tempo a  restare giovani.

Ti sei mai sentita “straniera” in Italia o in Egitto?

Mi sono sentita straniera sia in Italia che in Egitto un sacco di volte; il fatto però è che non era un sentimento che provavo io da dentro…mi facevano sentire così le persone. Bastava una domanda di troppo o sguardi troppo curiosi. In Egitto mi chiedevano (e lo fanno tutt’ora) dell’Italia reputandomi più italiana che egiziana; in Italia invece sei la ragazza straniera, mussulmana, con il velo (peggio di così…); qualche signora tira a sé la borsetta se mi percepisce troppo vicina ad esempio sull’autobus piuttosto che alla fermata o in fila per la cassa; negli uffici burocratici ti rinfacciano sempre “i vostri nomi sono così strani per noi!!”. Peggio ancora quando qualcuno durante l’estate, con un caldo cocente ti guarda e ti dice: “ma non hai caldo con quella cosa sulla testa…ma fate così anche a casa vostra o solo qui in occidente?”

Sono comunque consapevole che alcune volte è pura curiosità ma delle volte mi piacerebbe essere un puntino, giusto per essere una tra tante!

Credi che la religione sia un mezzo di divisione tra le diverse culture?

Beh, domanda difficile. Se devo essere sincera penso che chi propone la religione come discriminante o come strumento di divisione non ha capito proprio nulla di religione, di fede, di purezza ecc. Spesso le religioni si temono e le grandi potenze politiche, in particolare, ne fanno un uso distruttivo dimostrando ignoranza, regresso e in alcuni cattiveria. Ama il tuo prossimo come te stesso è riproposto come concetto basilare nelle maggiori religioni che conosca (ammetto comunque di avere ancora molti buchi da colmare ). Poi la cultura è un concetto talmente astratto e in continuo mutamento che è impossibile darne una definizione; la cultura è delle persone singole e ognuno si costruisce la propria, diversa da tutte le altre. La religione deve rimanere invece una cosa del tutto personale e intima, il fatto poi che qualcuno la professi portando il velo, piuttosto che la catena del crocefisso o la Kippà* è libertà personale.

Credi che le informazioni che i mass media diffondono a proposito della religione Islamica siano sufficienti per dare un’idea agli spettatori? Se no, cosa vorresti dire?

Assolutamente no. I mass media non danno affatto informazioni sufficienti, piuttosto cercano di alimentare un senso di paura verso chi è diverso anche nella religione e nel proprio credo. Confrontando i vari canali in lingua italiana con quelli in lingua araba o inglese, devo dire che in Italia non si è affatto informati: nei tg passano i compleanni dei centenari, il gossip sul berlusca, d’estate la quantità di incendi sulla penisola e d’inverno i danni provocati dal freddo…se ci si pensa un po’ è proprio questo che passano i media oggi. Figurarsi quindi della religione in generale e in particolare di quella islamica…vorrei poter dire che in fondo le cose in cui credono i mussulmani non sono tanto diverse da quelle in cui crede il cattolicesimo o l’ebraismo solo che “l’occidente” (se così si può chiamare) ha fatto delle scelte di progresso ultra rapido dove la fede e il credo non esistono o meglio sono rari, altri paesi invece hanno deciso di perseverare e mantenersi seriamente attaccati alla fede. Si dovrebbe parlarne maggiormente, informare le persone e dare loro modo di pensare e di confrontare…anche se delle volte mi viene da pensare che le persone stanno bene così, guardandosi cose leggere in tv o leggendo una rivista gossip spaparazzati sul divano senza pensare a troppi problemi…

Siccome l’informazione è poca e si avvicina il Ramadan, vuoi farci capire bene di cosa si tratta?

Il Ramadan è un mese che tutta la comunità islamica aspetta di anno in anno. Questo è l’ anno 1430 dopo l’Hejira (Fuga di Muhammad da Mecca a Medina). E’ il mese in cui Dio ha fatto discendere dal cielo il Corano, testo sacro.
Ha un significato molto bello di purificazione fisica e dell’anima: non si deve mangiare né bere per una parte della giornata e questo aiuta a pulire l’organismo, inoltre non puoi fumare per cui se hai qualche tipo di dipendenza (sigarette, caffè, chewingum, ecc) hai davanti a te una grande sfida.
Durante il mese di Ramadan non si devono neanche fare cattivi pensieri e, in particolare in questo periodo dell’anno, bisogna concentrarsi molto nella lettura del testo sacro, nel fare opere di bene, nel pregare; tutto ciò rinvigorisce l’anima e la fede.
E’ chiaro che tutto questo non è semplice, in particolre quando arriva durante l’ estate: il caldo e l’ afa non aiutano di certo… però è una grande sfida nella quale Dio ti pone sia per dimostrare quanto si è devoti al Divino sia per provare, anche se per poco tempo, a calarsi nei panni di chi per tutto l’anno ha fame e sete e spesso non ha allternative.
L’obiettivo è sollecitare l’altruismo, la pazienza, la ricerca della forza interiore, la tenacia e alla fine della giornata, la gioia di avercela fatta.

Chiaramente la ciclica dei mesi islamici fa riferimento al calendario lunare e non quello solare per cui i mesi dell’uno e dell’altro calendario non coincidono mai.

Il Ramadan per esempio arriva ogni anno, rispetto al calendario solare, 11 giorni prima dell’anno precedente. Esempio: Se nel 2009 Ramadan è iniziato il 22 Agosto, nel 2010 inizierà indicativamente l’11 Agosto e nel 2011 il 31 Luglio e così via…questo significa che per ben 11/12 anni Ramdan coinciderà con i mesi estivi dell’anno solare… Sembra difficile ma è più difficile scriverlo che capirlo.

In generale, cosa pensano i mussulmani del crocifisso nelle scuole e nei luoghi pubblici?

Non posso generalizzare ma se torniamo alle origini dei dettami religiosi, devo svelare che anche i mussulmani credono nell’esistenza di Gesù cristo e del suo sacrificio per l’umanità, nella crocifissione e nel suo ritorno sulla terra. La differenza sta nel vederlo come profeta di Dio e non del figlio di Dio o Dio stesso… solo lì. Però vederlo non ci infastidisce affatto anzi ci ricorda di una grande persona che si è data all’umanità e della quale non bisogna vanificare i sacrifici. Se però volessimo pensare davvero alla laicità dello stato e della sua funzione pubblica allora non dovrebbe esserci nessuna icona religiosa,  per rispettare le scelte che anche molti italiani fanno di credere o meno.

Che opinione hanno i gli Italiani degli Egiziani? Ci sono stereotipi o pregiudizi?

La prima cosa che gli italiani rispondono quando dico che di origine sono egiziana è: “Ah che bello l’Egitto, ci sono stato sai….” In quel momento sparisce il tuo essere lì davanti a lui/lei, sparisce il tuo vissuto, la tua esperienza migratoria e rimane solo il mito dei grandi faraoni d’Egitto con tutta la loro millenaria grandezza. Tu resti un granellino di sabbia. Devo dire però che si ha comunque una buona impressione degli egiziani, della cucina e della musica… per tutto questo un grande grazie ai nostri avi egizi ;)).

Che opinione hanno gli egiziani degli italiani? Ci sono stereotipi o pregiudizi?

Beh qui la cosa cambia un po’. Tanti amici sostengono che gli italiani sono poco acculturati, che sanno solo una lingua, che molti non usano affatto il computer (come negarlo!). Degli italiani non piace il fatto che ad oggi si stia vivendo del riflesso del mega boom economico che ha fatto balzare l’Italia tra i big mondiali. Si critica tanto la continua ricerca della felicità che ti fa perdere l’orientamento e non apprezzare le cose che hai sotto agli occhi, il poco rispetto che oggi i figli hanno per i genitori e per gli adulti in generale, poi sconvolge anche il poco rispetto nelle scuole.

Ci sono differenze tra l’idea della donna egiziana e quella italiana?

La gente vuole credere di sì perché è la strada più facile. In fondo la donna è sempre donna, le sue problematiche, le sue gioie, le sue paure sono date più o meno dagli stessi motivi in tutto il mondo. In Egitto la donna è più libera di quel che non si voglia credere, però ha anche mantenuto un forte legame con la figura che la natura le regala, cioè l’essere madre di famiglia. In Italia lo percepisco meno tanto che i ragazzi non si sposano più o peggio ancora (a mio personale avviso) non danno più alla luce il frutto del loro legame. E’ chiaro che generalizzare non è corretto ma sentendo anche tanti altri egiziani coetanei, l’idea di donna italiana che passa grazie ai media, non è di sicuro positiva, anzi l’idea che passa è che è una donna che è pronta a dare tutto per raggiungere il successo, la fama, i soldi. Io ho la fortuna di conoscere donne molto libere da una parte e molto con i piedi per terra dall’altra, per questo dico che le donne sono uguali in tutto il mondo.

Se della donna invece vogliamo parlare sotto il profilo religioso ti devo dire che nell’islam la donna  ha i suoi diritti e le sue libertà di scelta sono assolutamente salvaguardati e tutelati, il problema sta nell’ignoranza di molti mussulmani che applicano erroneamente la fede senza conoscerla pensando che la donna sia solo un oggetto (mi viene in mente in particolare l’Afghanistan e il regime dei talebani piuttosto che in alcune zone rurali del mondo islamico.. ).

* Kippà: La kippà è il copricapo di diversa dimensione e foggia che gli ebrei osservanti indossano in ogni momento del giorno. Esso rappresenta il sentimento di rispetto verso colui che è in cielo, al di sopra. L’utilizzo di questo copricapo è comunque prescritto per ogni atto religioso e durante le preghiere. Storicamente, l’utilizzo del copricapo per gli uomini, non era un uso solamente ebraico. Si pensi ai vari tipi di cappello diffusi in molte civiltà e culture. Tra gli ebrei questa tradizione è rimasta forte e seguita fino ad oggi.

Fonte: Unione Giovani Ebrei d’Italia

Le inteviste di 1000 bolle blog presentano: Magnolia

Magnolia è una delle frequentatrici del nostro blog e, guarda caso, è un’italiana che vive all’estero. Questo fatto  ci ha fatto balzare alla mente un’ideuzza: abbiamo pensato al nostro paese, a questo preciso momento storico ed al fatto che la parola “straniero” è usata, spesso e volentieri, con una connotazione negativa. Per questo abbiamo deciso di intervistare alcune persone che, sulla carta, risultano essere straniere, quindi “diverse dalla nostra idea di cittadino medio”. Questo passo è stato compiuto perchè vogliamo riflettere (e far riflettere) sul grande limite umano riguardante le generalizzazioni e gli stereotipi.

Stranieri in Italia, italiani all’estero, che differenza c’è? Crediamo di essere esenti da pregiudizi solamente perchè siamo italiani? Forse non troveremo mai le risposte, intanto però facciamoci delle domande…

I don’t drink coffee I take tea my dear
I like my toast done on one side
And you can hear it in my accent when I talk
I’m an Englishman in New York
(Englishman in New York, Sting)

Ciao Magnolia, raccontaci qualcosa di te…
Sono una ragazza del Norditalia, 25 anni, studentessa di dottorato in materie scientifiche. Amo la mia citta’, ma a 23 anni ha iniziato ad andarmi stretta e ho deciso di andare a fare la tesi all’estero. Per una serie di ragioni ho deciso di venire in Germania, pur non parlando la lingua ma con la garanzia di poter lavorare in inglese alla tesi. Dopodiche’ ho deciso di fare il dottorato, anch’esso all’estero. E sono rimasta in Germania. Ho molti interessi e in parte mi rispecchio nella descrizione data qui http://www.nonsolomamma.com/post/20921572/alternative+possibili di nonsolomamma. Anche se negli ultimi anni ho scoperto cosa sia il mal di vivere. Ed esso ci accomuna tutti, coloro che vivono sempre nello stesso paese da quando sono nati e stanno in una relazione da 10 anni e coloro che sono in perenne movimento, anche sentimentale.
Da quanto tempo vivi in Germania?
Da circa 2 anni.
Credi che resterai a vivere lì per sempre?
No, ma non sono certa di voler tornare in Italia.
Cosa ti manca dell’Italia?
La mamma, la mia famiglia, la mia citta’, la mozzarella di bufala, le calde estati, la spontaneita’ della gente, la tradizione di offrirsi il caffe’ a vicenda e tante altre cose.
Cosa ti piace della Germania che in Italia non trovi?
Un ambiente multiculturale con pochissime tracce di razzismo, la possibilita’ di fare ricerca in un ambiente privo di favoritismi, il senso della cosa pubblica (e anche della proprieta’ privata) insito nei tedeschi, il rispetto delle regole, i mille tipi di pane che si trovano qui in panetteria, l’abitudine di andare a piedi, in bici o coi mezzi pubblici ogniqualvolta cio’ sia possibile, il rispetto per l’ambiente, e tante altre cose.
Ti percepisci come una “straniera” in Germania o come una “cittadina europea” a tutti gli effetti?
Come una cittadina europea.
Ti senti emarginata o sei stata subito accolta in modo positivo?
Sono stata accolta in modo positivo.
Cosa consiglieresti a chi vorrebbe andare a vivere in Germania o, più in generale, in un paese diverso?
Di essere curiosi verso la nuova cultura e di impararne la lingua, di non chiudersi nel cerchio di compatrioti.
Che opinione hanno i tedeschi degli italiani? Ci sono stereotipi o pregiudizi?
Stereotipi si’: siamo rumorosi, gesticoliamo, mio padre viene sempre identificato con un boss della mafia, siamo passionali. Pregiudizi non ne ho mai vissuti sulla mia pelle.
Qual’è il tuo cibo tedesco preferito?
Himbeerkuchen, la torta ai lamponi.
In Germania esistono comunità di italiani che non partecipano alla vita tedesca? Esiste una sorta di autoemarginazione? Se sì, secondo te quale è la causa?
La maggior parte degli italiani che incontro qui sono di seconda generazione e possiedono ristoranti e gelaterie. Sono venuti qui negli anni 50 e 60 specie dal sud Italia, e parlano coi loro figli un misto di tedesco e qualche dialetto del sud di 50 anni fa. In particolare i piu’ anziani sono in parte emarginati dalla lingua e dalla condizione sociale che ricoprivano quando sono venuti. I loro figli credo che siano pero’ ormai integrati.
Io ho avuto il privilegio di arrivare come studentessa, quindi come persona istruita e accolta in un ambiente gia’ di per se’ internazionale. Questo mi ha certo facilitata. Anche se e’ con il mio impegno che ho studiato la lingua e mi impegno a non circondarmi solo di italiani e magari spagnoli, ma di frequentare anche gli ambienti a maggioranza di tedeschi.
Un gruppo che si autoemargina ed e’ anche poi in parte emarginato e’ quello dei turchi. La storia e’ analoga a quella degli italiani, ma sono molto piu’ numerosi e si chiudono nelle loro comunita’ per difendere la loro cultura. Cosa che in parte capisco, dato che le differenze culturali sono in quel caso piu’ accentuate.
Vorremmo segnalarvi il blog di Magnolia nel caso vorreste approfondire la sua conoscenza: A little bit of too much

Il dolce forno Harbert

Sono molto confusa. La gente si aspetta una cosa da me ed io non so il perchè: sembra che tutto il mondo si sia messo d’accordo per farmi rivolgere dalle persone che incontro la stessa domanda “Lei quanti figli ha?”

Sono confusa e non ho nemmeno 28 anni.

Si da per scontato che dopo 4 anni di asilo, 5 di elementari, 3 di scuole medie, 5 di superiori e 5 di Università (tot 22 anni!!!) io decida improvvisamente di fare un bambino. Non mi riferisco solamente alle persone che mi conoscono, tipo parenti e conoscenti, ma anche a quelli che incontro per lavoro. Ho passato 22 anni della mia vita a fare il mio dovere ed ora che ho un lavoro (precario, ci tengo a precisare) dovrei interrompere tutto per fare un figlio. Tenuto presente che quelli che mi porgono la domanda non si scomodano nemmeno a chiedere se sono fidanzata/ convivente/ sposata.

Sono confusa e non ho parole.

Non ho parole per dare una risposta a questa mia domanda… “Perchè tutti mi chiedono se ho dei figli e quando rispondo di no, storcendo la bocca, mi guardano come se fossi monca?!” Sono vittima degli stereotipi e del mondo maschilista? Non credo, non può essere solo questo. Le persone che me lo chiedono lo fanno con gli occhi colmi di aspettative positive e comprensione, come se tutti dovessero procreare prima o poi. Come se nella vita, l’unico scopo fosse quello.

Dolce forno Harbert

Dolce forno Harbert

Biologicamente lo so che  è così, ma non siamo così altezzosi da proclamare che siamo diversi dagli animali perchè abbiamo la facoltà di pensiero? Beh, il mio pensiero non si è mai scomodato in tal senso.  E’ frustrante che le persone credano che sia un dolce forno che non aspetta altro di essere riempito! Secondo l’opinione comune  è impensabile che non desideri un figlio e che, cito: “Un giorno te ne pentirai! Vedrai che ti mancherà sempre qualcosa.”

Oltre che avere un suono apocalittico sembra una minaccia. A parte il fatto che non sa nessuno se mi pentirò o no e poi, cavolo è la mia vita!  Che cosa frega alla gente se ho dei figli o no, se ne voglio avere o no, se sono felice così o no… sono persone che incontro casualmente per lavoro e, nel caso dei miei famigliari, beh… i genitori hanno voglia di diventare nonni ed i nonni vogliono essere chiamati bisnonni.  Credo che non smetteranno mai di assillarmi e sono convinta che sia  una sorta di vendetta. Come diceva la mia bisnonna “Non auguro del male a nessuno… ma dei figli a tutti”.

Elly