Come al solito un volo pindarico per arrivare ad un punto molto semplice (che avrei potuto spiegare in due righe ma avevo voglia di scrivere).

British Library, Hqrley MS 3244, Folio 59r
Come forse alcuni di voi ricorderanno sono una fan delle Cronache del Ghiaccio e del Fuoco. Come tale ho pensato a lungo che fosse una missione degna di grande valore sociale, convertire alla fede Martiniana tutti coloro che incontravo sul mio cammino.
Dato che sono anche pigra e che odio il proselitismo selvaggio, mi sono limitata a farlo con i miei prossimi più prossimi riscuotendo un discreto successo, oserei dire.
La maggior parte delle persone che ha fatto una passeggiata a Westeros c’è rimasta.
Nuovi adepti nati per soffrire.
In ogni caso. Quello che anche il pubblico meno preparato vede, al di là delle ambientazioni ed i costumi curatissimi, è l’intreccio. Beh, lo percepisce. I personaggi e le azioni, ciò che li muove e li motiva fanno parte di quel maestoso ingranaggio che è la Storia. Sapete certamente che il vecchio George R.R. è un grande studioso di storia inglese, nello specifico ha rispolverato i meccanismi che hanno animato (passatemi l’espressione, per favore) la guerra delle due rose: York e Lancaster famiglie rivali che ambivano al trono d’Inghilterra.
Detto questo, e non volendomi soffermare su dettagli troppo didascalici, vi voglio parlare della mia amica Luna (nome più o meno di fantasia). Lei è una studiosona laureata in storia Medievale, ciò significa che sa dirvi tutto quello che volete sui Longobardi, sugli umboni, sull’italia del Basso Medioevo e sui generi alimentari consumati in Europa in quell’epoca. Ha anche tutto un repertorio di storie zozze su re e regine che facevano quello che nei tristi anni Berlusconiani, qualche stolto privo di fantasia ha ribattezzato tristemente bunga bunga. Ebbene, Luna è stata ed è tutt’oggi la mia balena bianca. Lei non vuole saperne di Westeros, degli intrigati meccanismi sociali, delle ricostruzioni storiche, della magnificenza dell’autore e dei personaggi; no. Lei ha smesso di ascoltare la mia entusiastica filippica nel momento in cui ho nominato i “draghi”.
“Eh no” mi ha detto “Eli. Non posso leggere qualcosa con i draghi”
“Ma perché no? La saga è davvero ben fatta e i draghi non appaiono fino al secondo tomo –e parliamo di più di 500 pagine cadauno- e a quel punto sarai completamente soggiogata! Fidati!”
“Ma no. Ma no. Mi rifiuto di leggere una roba sui draghi. E mi meraviglio di te, poi.”
E niente. Non c’è stato verso. Dunque Luna, questo post è per te e per tutti quelli che hanno un problema con l’esistenza dei draghi. Sì, dico anche a te che sogghigni. Mica mi scappi, sai?
E’ un fatto oggettivo che i draghi siano esistiti.
Fin da quando l’uomo ha cominciato a colonizzare le terre di questo mondo ed a disegnarne le mappe e atlanti, troviamo rappresentazioni di mostri e bestie selvagge. Sulle carte, la frase hic sunt leones o hic sunt dracones[1] marcavano in modo netto il punto esatto in cui si erano arrestate le spedizioni di scoperta intimando a chi si fosse avventurato oltre una fine probabilmente dolorosa tra le fauci di queste bestiole.
Si narrava dell’esistenza di creature alate e dai denti aguzzi, in tutte le terre ad oriente.
Fedro, addirittura, scrisse una favola a questo proposito.
E San Giorgio? Sulla sua storia una nazione intera ha fatto ammenda.
Quindi perché oggi dovrebbe essere diverso? I draghi esistevano e si nutrivano dell’immaginario collettivo: erano creature fantastiche sì, ma non per questo meno vere della peste o della fame. I draghi erano (e dovrebbero essere ancora) animali ai quali credere. Ho fatto solo un paio di sciocchi esempi, mi rendo conto, ma non posso sperare di mettermi in concorrenza con Jacques Le Goff o Umberto Eco che hanno saputo cogliere l’importanza di queste creature molto prima e molto meglio di me.
Credere ai draghi è una questione di buonsenso, ecco.
Oggi non possiamo immaginare cosa dovesse essere vivere in anni, secoli, di instabilità politica e sociale nei quali i diritti minimi di dignità umana erano vessati o inesistenti. Dove comandava solo chi aveva soldi e potere, dove l’ignoranza era pane quotidiano.
Non possiamo proprio immaginarlo.
…
Quindi pensare che al di là del mare, delle montagne o delle terre sotto gli occhi, esistessero creature ricoperte di squame che sputavano fuoco doveva essere qualcosa di terribilmente avvincente per le protomenti dell’epoca. Temere qualcosa di invisibile ma che tutti ritenevano reale, qualcuno affermava addirittura di averne visto uno vivo, altri ne portavano come prova teschi enormi, ossa lunghe e brune. Come possiamo, oggi, rifiutarci di credere a questo?
Quindi fatemi un favore, accettate l’esistenza dei draghi e staremo tutti meglio.
[1] “(da qui in poi) ci sono i leoni” “qui ci sono i draghi”